Davide Matera, Sulla sacralità degli “Animali” e la bestialità degli uomini.

Studio, ho messo su della buona musica che mi aiuta a concentrarmi e riflettere.

La “mia” gatta è nella stanza, godiamo dello stesso tepore, fuori piove e fa freddo, qui si sta bene. Tornando a casa ho visto un cane randagio sotto la pioggia, e mi si è stretto il cuore, nessun essere vivente dovrebbe patire la fame e il freddo.

Nella mia stanza, io e la gatta stiamo bene, c’è un bel tepore e si sente il suono dolce della pioggia autunnale. Leggo – della filosofia occidentale, del suo porre la differenza tra uomo e animale come verità inconfutabile, la conseguente prevaricazione (violenta e spietata) dell’uomo sull’animale, l’animale “povero di mondo” (Weltarm), del Dasein “formatore del mondo” (weltbildend); “can they suffer? si chiedeva Jeremy Bentham già nel 1789 ponendo una questione etica agli inizi di un’inedita sensibilità verso le altre creature, verso gli animali – leggo dicevo, e sento che Lei, la gatta, esige la mia attenzione, sento le sue zampine sulla mia schiena, mi sollecita; mi sta chiamando, mi parla, a suo modo, con l’unico modo che la natura le ha donato, un modo perfettamente efficace e che non ha nulla da invidiare al Logos dell’animale verticale, strumento tanto spesso insensatamente violento.

L’attenzione, la cura che rivolgiamo ai nostri simili, a ogni essere vivente, ogni essere vivente, rivela l’essenza e il significato più profondo della nostra esistenza, rivela chi siamo veramente. Niente giustifica la nostra assenza al richiamo esplicito o discreto degli “altri”, uomini o “animali”; niente è più importante dell’essere presenti alla vita, nostra o degli altri; niente giustifica un rimandare a un domani che potrebbe non avverarsi mai.

Gli altri siamo noi, viandanti occasionali di questo occasionale pianeta, con un tempo risicato e labile che abbiamo scelto arbitrariamente di chiamare Vita.

Per il tempo che ci è concesso. 

P.S.

Lei ha capito. Mi ha lasciato scrivere, si è accucciata, sa che scrivo anche di lei. Dopo aver giocato teneramente con me, dopo esserci detti con il linguaggio dei viventi che ci vogliamo tutto il bene del mondo mi ha lasciato fare.

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