Davide Matera, “L’anno che verrà”

Questa notte festeggeremo, certo, ognuno a suo modo e più o meno convintamente la fine del 2018; calici in mano e nasi all’insù celebreremo tra botti, luci sfavillanti, lustrini e culottes rosse l’anno della sconfitta della povertà; l’anno del trionfo dell’onestà, della miracolosa mutazione antropologica degli italiani: non più truffaldini, evasori, appaltatori spregiudicati, politici corrotti, primitivi australopitechi tatuati da curva Nord; non più qualunquisti, analfabeti politici, analfabeti funzionali, analfabeti e basta.

Tutto alle spalle.

L’anno che verrà, quello nuovo sarà ancor di più (almeno così si vocifera) l’anno del Cambiamento, della prosperità, del trionfo della cultura, della scienza e delle arti, del prevalere del bene sul male, della giustizia sull’ingiustizia, della tanto agognata laicità dello Stato, della solidarietà sull’egoismo, della sazietà sulla fame, dell’amore sull’odio, dell’amore per tutti gli esseri viventi, per le donne, per i bambini, per i poveri del pianeta, per i più deboli. L’orso polare non sarà più minacciato dalla fusione dei ghiacci, un brutto ricordo la moria delle api, il disboscamento dell’Amazzonia, il maltrattamento degli animali, l’inquinamento planetario, le guerre programmate per destabilizzare continenti.

Il nuovo anno manifesterà bellezza, in tutte le sue innumerevoli e caleidoscopiche sfumature. “L’anno che verrà”, come disse il poeta, sarà l’anno in cui “il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice.”

 

MNR, 31 dicembre 2018

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