Davide Matera, L’attesa

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Andrea gioca sul tetto, ma il suo “gioco” è doloroso, corrosivo ed estenuante.

Il gioco di Andrea è un gioco che fa tanto male e che ferisce.

Andrea aspetta la luce, ”quella verde del semaforo” e intanto le nuvole passano e non tornano più.

Andrea “respira i semi”, ma i semi diventano alberi che mettono radici e un albero fuori dalla sua terra, a volte, rischia di morire.

La luce che Andrea aspetta potrebbe non arrivare mai, se Andrea non apre gli occhi al mondo.

Il tempo passa, inesorabilmente, si esce fuori di scena e non rimangono che i tanti ricordi e forse i rimpianti di ciò che non è stato, e si è unici responsabili di tutto quanto, quasi sempre.

Perché non scende dal tetto e rimane ad aspettare ? La strada la si fa anche calpestandola, tirando calci alle pozzanghere d’acqua e fango, la strada la si deve percorrere sino in fondo, comunque, anche sfinendosi.

Andrea aspetta che la luce si spenga, o che si accenda.

Non scende dal tetto, non ancora.

Ma ci ha già pensato.

Aspetta la luce, quella verde, quella del semaforo.

Andrea potrebbe lasciar accendere la luce senza aspettare, forse la luce è già accesa da tempo ma non riesce a vederla. Forse Andrea è fotofobico e avverso a fenomeni di fotogenesi; rischierebbe allora una fotoreazione ad un fototropismo estremamente romantico e come tale condannato all’impossibiltà di realizzarsi? Chissà.

Illazioni, supposizioni.

Interpretiamo l’ignoto. Come i grandi uomini della scienza sfidiamo l’imponderabile, l’invisibile, l’inesprimibile.

Ad Andrea ben si addice la teologia negativa dello Pseudo-Dionigi, che rinunciava a spiegare la natura di Dio ritenendo l’uomo incapace di determinarla.

– Di Andrea possiamo solo dire quello che non è – avrebbe detto Dionigi

Non è sicuramente un uomo, nel bene e nel male vanta attributi femminili.

Non ci sembra felice; e qui si potrebbe obiettare che la felicità non è di questo mondo, ma, cosa più triste: Andrea è insicuro, non sta bene con se stesso, perché ha un incredibile bisogno d’amore.

Andrea ha paura di perdere ciò che gli sembra assolutamente sicuro e rassicurante ma al tempo stesso, ciò che gli appare sbiadito e confuso: il suo “essere”, così com’è in questo momento della “sua” vita.

Ora il silenzio sarebbe stato un crimine; per il resto, la possibilità che Andrea per coprire se stesso, arrivasse a venderci per visionari e paranoici, era rischio di poco conto.

Probabilmente il nostro non è un modo diretto e chiaro di comunicare, ma ci sembra tutto sommato il più adatto in epoche oscure come questa.

A cosa servirà mai salutarsi e augurarsi buon anno, quando non si ha il coraggio di essere veramente sinceri? Quale ricordo dovremmo mai portare con noi stessi dopo tanta ipocrisia, dopo tanta assenza di rispetto per sentimenti e stati d’animo così intensi? Quale ibrido potrà mai prendere il posto di una relazione che con tutta la buona volontà non può abbandonare la sua precisa e unica ragion d’essere?

Non pensiamo di esagerare dicendo che prepotentemente, ciò che si vuol ridurre ad ombra di se stesso va solo in una direzione, verso quella strada che Andrea non riesce ancora ad imboccare, per paura o chissà per quale altro mistero.

La luce verde “quella del semaforo” resterà accesa ancora per tanto tempo, paziente, ma per legge di natura, come tutte le sorgenti di luce, prima o poi, è destinata anch’essa ad esaurirsi.

Davide Matera

11 ottobre 2001, Yemen del Nord

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