Una delle malattie più evidenti di noi italiani tutti mi sembra una certa incapacità ad uscire dalle strette maglie del nostro corredo mentale, dalle nostre più radicate convinzioni, dai nostri pregiudizi (nel senso comune del termine); un dare troppo spazio a credenze spesso indotte e inculcateci da un pensiero mediatico persuasivo, pervasivo e suadentemente violento; uno statico e sterile rimanere su posizioni consolidatesi negli anni della nostra formazione culturale o politica (e tutto sommato ancora religiosa) che sfocia in un monologare continuo intriso di tabù (perché se negli anni ’70 se ne sono distrutti tanti, altrettanti se ne sono edificati); un pensiero, dicevo, chiuso a monade, anche quando ci si crede “insieme”:
tifoserie che si confrontano arcignamente.
In sintesi tutto il contrario di quello che dovrebbe essere l’esercizio costante del dubbio, l’esercizio critico mai “approdante”; uniche armi che ogni essere umano ha a sua disposizione per evitare di rimanere imbrigliati in un pensiero che titilla onanisticamente se stesso.
Lucius Errante
IBK (Austria)